martedì 4 febbraio 2020

Recensione "Il mattino dopo"

•Recensione Reading Challenge.
"Il mattino dopo" di Marco Negrone, Giorgio Pulvirenti.
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1957. Justin è un giovane adolescente che vive a Montauban, un piccolo paesino immerso tra le campagne del sud della Francia, assieme ai suoi genitori adottivi. La guerra è finita da diversi anni ma ha lasciato ferite profonde sul corpo e nella mente di Benjamin, il padre adottivo del ragazzo, essendo un sopravvissuto del campo di sterminio di Auschwitz. Justin è deciso a conoscere la verità sul suo vero padre e la sua vera madre. Chiede quindi a Benjamin di raccontargli la storia delle proprie origini, che coincide con gli orrori che il padre ha vissuto all'interno del campo di sterminio [...]
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Il tema per il mese di gennaio della Reading Challenge 2020 ideata da @patrizia_ferri e @veronica_evangelisti (i Letterati) #unannocongliemergenti era "Romanzo storico" e ho scelto di leggere perciò il libro "Il mattino dopo".
Alexander Moreau, un fornaio francese di origine ebrea, vive la sua vita in un appartamento del quartiere Montparnasse nel cuore di Parigi insieme alla sua ragazza, Natalie, non ebrea. Tra sacrifici vari riescono a condurre una vita dignitosa. Alexander inoltre ha una grande passione, suonare il violino, e impartisce delle lezioni private. Con l'arrivo della notizia della "Campagna di Francia" le loro vite cambieranno per sempre.
Una mattina che sembrava come tante, mentre stava andando a lavoro, il ragazzo viene prelevato, inizialmente rinchiuso al “Velodromo d’hiver” insieme ad altri ebrei francesi, qui conosce una famiglia composta da padre, madre e due figlie, e successivamente incontrò un ragazzo di nome Arthur col quale instaurerà un rapporto fraterno per molto, moltissimo tempo.
Dopo qualche giorno trascorso in quella struttura, Alexander e Arthur insieme agli altri vengono trasferiti nel campo di Drancy dove incontrano Yvan. Da qui inizia la loro lotta per la sopravvivenza. Passato un periodo di lavori forzati in quel campo dal quale speravano di poter uscire vivi, è il momento per loro di essere trasferiti ad Auschwitz. E qui che hanno la certezza di non fare mai più ritorno alla loro libertà. La crudeltà delle SS si manifesta subito, sin dall'arrivo al campo. Uccidono, torturano, picchiano spesso per divertimento. Gli ebrei che vengono portati lì vengono annientati non solo fisicamente, soprattutto mentalmente. Non hanno più un'identità, un nome, una personalità, un pensiero. Alexander, Arthur e Yvan riescono a stringere una forte amicizia con altri ebrei del loro blocco. Diventano un gruppetto che si appoggia, si copre e si sostiene a vicende. E proprio grazie ad uno di loro che la vita di Alexander riuscirà a prendere una boccata d'ossigeno. Diventerà il violinista (anche se solo per qualche sera a settimana) di una piccola orchestra che suonerà nella villa del comandante Egon Meyer e della moglie. La musica, il suo violino, il viso angelico e sofferente della moglie di Mayer lo porteranno a credere ancora nella libertà. Con i suoi compagni di blocco, ormai esausti delle violenze e del dolore di quel posto escogitano un piano per scappare da Auschwitz. Ma non tutto andrà secondo i piani. [...]
La storia è divisa in tre parti, una prima narrazione dove troviamo Justin e Benjamin dialogare, una seconda parte che narra la vita di Alexander e dei suoi compagni in lotta per sopravvivere ad Auschwitz e una terza parte in cui ritornano i due protagonisti iniziali. L'idea di fondo è interessante ma bisognerebbe lavorare sull'amalgamazione delle tre parti, inoltre alcuni capitoli sono prolissi ed estremamente descrittivi per poi seguire una linearità scorrevole da poco più di metà libro. Ciò rallenta un po' la lettura nonostante la storia sia appassionante.
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⭐ ⭐ ⭐, 5/ 5

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